SUBJECT

SUBJECT

Identification

Domus dei Tappeti di Pietra, Ravenna - Danza dei Geni delle stagioni - Decorazione geometrica con cornice a treccia

43 C 94 21

Iconographic description

Il motivo decorativo presenta, entro una cornice a treccia a torsione, un cassettonato geometrico con elementi quadrati e romboidali inseriti in rettangoli. Il mosaico è policromo. La zona centrale è decorata con l'emblema della cosiddetta danzadei Geni delle Stagioni. La scena mostra i Geni delle Stagioni che danzano in cerchio al suono di una siringa tenuta da un suonatore in secondo piano. Ogni Genio presenta un abbigliamentodiverso: l'Autunno, in primo piano di profilo, indossa una tunica bianca ornata di ricami e recasulla testa una corona da banchetto e nei piedi un paio di sandali; la Primavera, a sinistra, indossa una semplice tunica rosata,porta una corona di foglie rosa, rosse e calza sandali; a destra la figura dell'estate, purtroppo mutila della parte superiore, si intravede la tunica e parte della corona di spighe che ha in testa; l'inverno è completamenteavvolto in un mantello con cappuccio verbe-azzurro, ed è incoronato di canne, porta delle babbucce. Il suonatore, indossa una tunica bianca ricamata, lo strumento che suona sembra un organo a fiato.

Iconological description

Secondo Maria Grazia Maioli siamo di fronte alla danza dei Geni delle Stagioni (MAIOLI 1997, Mosaico con raffigurazione di danza, p. 119). Secondo Anselmo Calvetti l'estate sarebbe non la figura mutila ma il primo personaggio di tre quarti con tunica bianca ricamata, in questo modosi salvaguarderebbe l'avvincendarsi naturale delle stagioni. Secondo Calvetti inoltre si tratterebbe della danza che i romani svolgevano ogni anno in primavera e che aveva lo scopo di cacciare l'inverno, simboleggiato da un vecchio vestito di pelli, per permettere la rinascita dell'anno nuovo (CALVETTI 1996, La danza delle stagioni in un mosaico, pp. 431-445). Gabriele Canuti vede in questa danza un recupero delle feste primaverili dedicate a Dioniso, dove a ballare erano appunto dei fanciulli con maschere (CANUTI 1995 - 1996, L'ultima eco di Dioniso, pp. 71-110).